Affidarsi all’implantologia dentale per sostituire uno o più denti mancanti è oggi una delle soluzioni più efficaci, sicure e durature disponibili. Un impianto ben integrato non solo restituisce il sorriso e la funzionalità masticatoria, ma migliora profondamente la qualità della vita e la fiducia in sé stessi. Tuttavia, anche dietro gli interventi più avanzati, esistono rischi potenziali che non vanno sottovalutati.
In questo articolo, assieme al Dott. Giuseppe Genzano, implantologo con oltre 30 anni di esperienza clinica, vedremo quali sono i principali rischi legati a un impianto dentale, come si manifestano, chi è più esposto e, soprattutto, in che modo sia possibile prevenirli e gestirli nel modo più sicuro possibile.
Sì, è vero, il tasso di successo degli impianti dentali supera oggi il 95%, ma questo non significa che siano privi di complicazioni. Alcuni pazienti possono andare incontro a infezioni post-operatorie, a problemi di integrazione ossea, a infiammazioni dei tessuti come la perimplantite, fino a condizioni più complesse come lesioni ai nervi, sinusiti o rigetto meccanico dell’impianto. Questi eventi, pur essendo rari, possono compromettere il risultato finale se non gestiti correttamente fin dalle prime fasi.
La buona notizia è che molte di queste complicanze si possono evitare. Una corretta diagnosi iniziale, la scelta di materiali di alta qualità, una tecnica chirurgica precisa e una gestione post-operatoria attenta rappresentano gli strumenti più efficaci per ottenere un impianto stabile, duraturo e ben integrato nel tempo.
Che tu stia valutando un trattamento o voglia semplicemente capire meglio a cosa vai incontro, questa guida ti fornirà informazioni chiare e aggiornate, per aiutarti a scegliere con maggiore consapevolezza e serenità. Perché conoscere i rischi di un impianto dentale non significa temerli, ma affrontarli con il supporto del giusto professionista e le strategie più sicure disponibili oggi.
È sicuro mettere un impianto dentale nel 2025?
Sì: l’implantologia moderna ha consolidato protocolli clinici e tecnologie che rendono l’intervento altamente prevedibile e ben tollerato. Oggi la pianificazione avviene con TC Cone Beam (CBCT) e software di chirurgia guidata, che consentono di valutare in modo millimetrico altezza, larghezza e densità dell’osso, oltre ai rapporti con strutture delicate come seno mascellare e nervo alveolare inferiore. Questo approccio “su misura” riduce i rischi intraoperatori e post-operatori e migliora il comfort del paziente.
Durante la seduta si opera in anestesia locale (con eventuale sedazione cosciente nei casi indicati), in ambiente sterile e con strumenti che minimizzano il trauma chirurgico, come la piezochirurgia. I materiali sono biocompatibili (es. titanio o zirconia) e presentano superfici trattate per favorire l’osteointegrazione, ovvero l’adesione stabile dell’impianto all’osso. Le complicanze sono rare quando si seguono protocolli corretti: il rischio di infezione è basso grazie alla selezione dei pazienti, all’igiene del cavo orale, alla sterilità e alla gestione farmacologica secondo indicazione clinica.
Un vantaggio concreto di questo standard è la possibilità, quando il caso lo consente, di inserire più impianti in un’unica seduta, riducendo tempi complessivi e numero di appuntamenti. La progettazione digitale definisce in anticipo diametro, lunghezza, asse e posizione di ogni vite, nonché il rapporto tra impianti e futura struttura protesica, per una funzione masticatoria stabile e una resa estetica naturale. In selezionati casi si valuta anche il carico immediato (denti provvisori nella stessa giornata), ma solo se l’ancoraggio primario e i parametri biologici lo rendono sicuro.
E se c’è poco osso? Oggi esistono soluzioni efficaci. Le tecniche flapless (senza scollamento del lembo) permettono inserimenti minimamente invasivi quando lo spessore gengivale e osseo lo consentono; in alternativa si possono impiegare impianti corti o inclinati per sfruttare al meglio il volume disponibile. Quando necessario, si programmano rigenerazioni ossee mirate (innesti e membrane) o procedure di rialzo del seno, sempre sulla base di una diagnosi radiologica accurata. In questo modo, anche situazioni un tempo considerate “limite” trovano oggi un percorso terapeutico affidabile.
La vera sicurezza inizia però prima dell’intervento: visita clinica completa, anamnesi generale, valutazione di patologie sistemiche (es. diabete non controllato), abitudini come fumo o bruxismo, stato parodontale e igiene domiciliare. Un paziente correttamente selezionato e ben informato collabora meglio e guarisce più rapidamente. Dopo l’inserimento dell’impianto dentale, un protocollo di follow-up con richiami periodici, istruzioni di igiene, controllo dell’occlusione e manutenzione professionale riduce il rischio di perimplantite e tutela la longevità della riabilitazione.
Percentuale di successo degli impianti dentali
Uno dei motivi per cui l’implantologia dentale è oggi considerata la soluzione d’eccellenza per sostituire denti mancanti è la sua elevata percentuale di successo. Secondo le più recenti statistiche cliniche, il tasso medio di successo degli impianti si attesta attorno al 95-98%, con punte che raggiungono anche il 99,7% se l’intervento è eseguito da un implantologo esperto e con materiali di altissima qualità.
Il Dott. Giuseppe Genzano, implantologo con oltre 30 anni di esperienza, sottolinea come l’esito positivo di un impianto dentale dipenda da un insieme di fattori: la corretta pianificazione pre-operatoria, l’uso di impianti certificati in titanio puro, l’anamnesi del paziente e una gestione post-chirurgica accurata. Grazie a queste condizioni, nella sua casistica clinica la percentuale di successo degli impianti negli ultimi 5 anni è superiore al 99%.
È bene ricordare, tuttavia, che la longevità e l’integrazione dell’impianto dipendono anche dallo stato generale di salute del paziente. Fattori come il fumo di sigaretta, la diabete non controllato, una scarsa igiene orale o l’osteoporosi possono aumentare il rischio di complicanze o fallimento implantare. Nei grandi fumatori, ad esempio, la percentuale di insuccesso può aumentare sensibilmente, poiché la nicotina compromette la vascolarizzazione e il processo di guarigione ossea.
Inoltre, l’impiego di tecniche inappropriate o materiali di bassa qualità, spesso provenienti da mercati con controlli meno stringenti, può incidere negativamente sul risultato. Ecco perché è fondamentale affidarsi a un professionista qualificato che utilizzi impianti prodotti secondo standard internazionali, come quelli impiegati alla Clinica Ireos, realizzati negli Stati Uniti con titanio di grado medicale.
In conclusione, quando il trattamento è eseguito a regola d’arte, e il paziente segue con scrupolo le indicazioni del chirurgo, la probabilità che un impianto fallisca è estremamente bassa. L’implantologia moderna è oggi un trattamento sicuro, predicibile e a lungo termine, con un tasso di successo tra i più alti in ambito medico-chirurgico odontoiatrico.
Quali sono i rischi più comuni legati a un intervento di implantologia dentale
Nonostante l’implantologia dentale sia oggi considerata una delle procedure più sicure e affidabili in ambito odontoiatrico, è importante sapere che, come ogni intervento chirurgico, comporta alcuni rischi potenziali. Comprendere in anticipo quali siano questi rischi permette al paziente di affrontare il percorso con maggiore consapevolezza, evitando sorprese e migliorando la riuscita del trattamento.
Tra i rischi più comuni vi è innanzitutto il sanguinamento post-operatorio, una condizione fisiologica che si manifesta nelle ore o nei primi giorni successivi all’intervento. Nella maggior parte dei casi, si tratta di un fenomeno transitorio e autolimitante, che non richiede particolari trattamenti se non la corretta compressione della zona e il rispetto delle indicazioni post-chirurgiche.
Un altro effetto collaterale piuttosto frequente è il gonfiore, spesso localizzato nella zona operata o esteso a guancia e labbro. Anche in questo caso, il gonfiore tende a regredire spontaneamente nel giro di alcuni giorni, ma può essere controllato efficacemente con impacchi freddi e una terapia farmacologica prescritta dal medico.
Più rara, ma da monitorare con attenzione, è l’infezione del sito implantare. Questa complicanza si verifica quando i batteri penetrano nella zona operata, causando arrossamento, dolore, secrezione purulenta o febbre. In caso di infezione, è fondamentale intervenire tempestivamente con antibiotici mirati e, nei casi più gravi, rimuovere temporaneamente l’impianto.
Un rischio più serio, ma decisamente raro se l’intervento è eseguito da mani esperte, è il danneggiamento dei nervi. Questo può avvenire soprattutto quando gli impianti vengono inseriti nelle zone posteriori della mandibola, vicino al nervo alveolare inferiore. Se il nervo viene compresso o lesionato, il paziente può avvertire sintomi come formicolio, intorpidimento o dolore persistente a labbra, mento o gengive. Una pianificazione precisa con esami radiografici 3D e l’esperienza dell’implantologo riducono drasticamente questo tipo di complicanza.
In alcune circostanze, soprattutto in pazienti con ridotto spessore osseo, può verificarsi la perforazione del seno mascellare (nei casi di impianti nell’arcata superiore). Questo evento, seppur gestibile, può causare sintomi come congestione nasale, sinusite o dolore e va trattato con attenzione per evitare infezioni secondarie.
Va infine ricordato che anche condizioni sistemiche — come il diabete non controllato, il fumo o patologie autoimmuni — possono aumentare il rischio di complicanze e ridurre la capacità del corpo di integrare l’impianto nel tessuto osseo.
I problemi più comuni dopo aver messo un impianto
Anche quando l’intervento di implantologia dentale è stato eseguito correttamente, possono comunque emergere alcune complicanze post-operatorie. Questi eventi non sempre indicano un fallimento, ma vanno gestiti con attenzione per garantire una guarigione completa e un’integrazione ottimale dell’impianto con l’osso. Ecco i problemi più frequenti che possono insorgere dopo l’intervento:
- Dolore e gonfiore: sono sintomi comuni nelle prime 48-72 ore. Generalmente si risolvono spontaneamente o con l’aiuto di farmaci antinfiammatori e applicazioni di ghiaccio. Se persistono oltre i limiti previsti, è bene avvisare il medico.
- Infezione del sito implantare: può manifestarsi con arrossamento, dolore crescente, gonfiore e secrezioni purulente. È una complicanza che richiede intervento tempestivo con antibiotici o, nei casi gravi, una revisione chirurgica.
- Sanguinamento ed ematomi: un leggero sanguinamento o la comparsa di lividi è normale. Tuttavia, se il sanguinamento è abbondante o prolungato, è necessario consultare il chirurgo per escludere problematiche vascolari.
- Perdita di integrazione ossea: se l’impianto non si stabilizza correttamente nell’osso, si parla di “insuccesso dell’impianto”. Le cause possono essere molteplici: fumo, infezioni, scarsa densità ossea, patologie sistemiche o errori tecnici.
- Problemi con la protesi: può succedere che la protesi definitiva non si adatti perfettamente. Ciò può causare fastidi durante la masticazione, malocclusione o, in rari casi, allergie ai materiali. Il dentista dovrà intervenire per rimodellarla o sostituirla.
- Lesioni a tessuti e nervi: se l’intervento coinvolge zone ad alta densità nervosa, possono verificarsi lesioni accidentali con sintomi come formicolio, intorpidimento o dolore persistente. È importante rivolgersi a professionisti esperti per ridurre al minimo questo rischio.
Tutte queste problematiche possono essere evitate o ridotte seguendo con precisione le indicazioni del chirurgo e affidandosi a specialisti con esperienza comprovata. Presso la Clinica Ireos, ogni procedura viene eseguita con protocolli accurati per garantire il miglior esito implantare, sotto la guida del Dott. Giuseppe Genzano, implantologo con oltre 30 anni di esperienza.
Esiste rischio di rigetto o allergia agli impianti dentali?
L’implantologia dentale si basa su componenti in titanio puro, un materiale noto per la sua elevata biocompatibilità. A differenza di un trapianto d’organo, l’impianto non contiene cellule viventi né antigeni che il sistema immunitario riconoscerebbe come estranei, pertanto il vero e proprio “rigetto” — così come avviene con i tessuti biologici — non può verificarsi. Il corpo, anzi, integra il titanio attraverso il processo di osteointegrazione, in cui le cellule ossee aderenti si fissano stabilmente alla superficie dell’impianto.
Vuoi approfondire: Esiste il rigetto negli impianti dentali
Allo stesso modo, la probabilità di allergie agli impianti dentali è estremamente bassa. Il titanio è un metallo ipoallergenico e viene scelto proprio per evitare reazioni immunologiche. Tuttavia, è importante prestare attenzione alla qualità del materiale: solo impianti certificati, prodotti secondo standard rigorosi (come quelli realizzati nell’Unione Europea o negli Stati Uniti), garantiscono la purezza necessaria per evitare contaminazioni con metalli come nichel o cromo che potrebbero provocare sensibilizzazioni.
Presso la Clinica Ireos, il protocollo impiantare prevede l’utilizzo esclusivo di impianti in titanio di grado elevato, e monconi implantari in titanio grado 5, per assicurare che tutto ciò che viene posizionato in bocca sia assolutamente ipoallergenico e inoffensivo per il paziente. L’affidabilità dei materiali è una priorità tanto quanto l’esperienza chirurgica.
In casi rarissimi, ciò che può essere percepito come un “rigetto” è in realtà una mancata integrazione ossea. Questo fenomeno si verifica quando l’impianto non si stabilizza correttamente nell’osso circostante. Le cause possono essere molteplici: presenza di infezioni, densità ossea insufficiente, fumo, condizioni sistemiche non ottimali o un carico funzionale troppo precoce sull’impianto. Tuttavia, si tratta di un evento molto raro se la procedura è eseguita da un implantologo esperto come il Dott. Giuseppe Genzano, che applica protocolli chirurgici testati e studi clinici aggiornati.
Impianti dentali e parodontite: tutti i rischi
Tra le complicazioni più importanti — ma spesso sottovalutate — nell’ambito dell’implantologia dentale c’è la perimplantite. Si tratta di un’infiammazione batterica che si sviluppa attorno all’impianto, colpendo prima le gengive, che appaiono arrossate, gonfie e soggette a sanguinamento, e poi, se non trattata, si estende al tessuto osseo circostante, compromettendo l’osteointegrazione stessa.
Il rischio è particolarmente alto nei pazienti che trascurano i controlli periodici o non mantengono una corretta igiene orale. All’inizio, l’infezione può manifestarsi solo nel tessuto molle, rendendo possibile un trattamento tempestivo basato su sedute di pulizia professionale, decontaminazione dei solchi implantari e, in casi avanzati, terapia laser associata a un’igiene domiciliare rigorosa.
Quando l’infezione progredisce fino a coinvolgere l’osso, la capacità dell’impianto di restare stabile si riduce drasticamente. A questo punto possono comparire anche sintomi più evidenti come la presenza di pus o un cattivo sapore in bocca. Se l’impianto viene perso, il danno osseo residuo può rendere la futura riabilitazione molto più complessa, richiedendo spesso procedure di rigenerazione ossea, con costi e tempi di guarigione maggiori.
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C’è possibilità di lesioni nervose nell’implantologia mandibolare?
Nell’ambito dell’implantologia dentale, uno dei timori più comprensibili riguarda il rischio di danneggiare il nervo alveolare inferiore durante l’inserimento di impianti nella zona posteriore della mandibola. In casi estremamente rari, un trauma chirurgico in questa area può causare una parestesia — una sensazione di “anestesia” persistente al labbro inferiore o al mento. Tuttavia, grazie ai progressi tecnologici e alla pianificazione accurata, questo rischio è oggi ridottissimo.
La chiave per evitare lesioni nervose è una precisa valutazione pre-operatoria con tecniche di chirurgia computer-guidata. Una TC (tomografia computerizzata) consente di localizzare con precisione la posizione anatomica del nervo alveolare inferiore, permettendo di scegliere la lunghezza e il diametro dell’impianto in modo da mantenere un margine di sicurezza. Questo approccio non solo protegge il nervo, ma consente un posizionamento dell’impianto estremamente accurato.
Al contrario, le lesioni nervose sono più probabili nelle procedure “a occhio” o manuali, eseguite senza una guida tecnologica. In questi casi, l’operatore potrebbe avvicinarsi troppo al nervo durante la fresatura, aumentando il rischio. È importante sottolineare che anche in mani esperte, il rischio esiste, seppure in modo marginale. Fortunatamente, nella maggior parte dei casi, eventuali sintomi di parestesia sono transitori e si risolvono spontaneamente nel giro di settimane.

Medico Chirurgo e Odontoiatra si è laureato all’università di Firenze. Iscritto all’ordine dei medici di Firenze con iscrizione nr. FI-167 si occupa nella pratica clinica di implantologia e ortodonzia digitale.